Egregio Dottor De Bortoli,

 

a settembre il Comune dovrà esprimersi sul progetto di riutilizzo del ex recinto fieristico proposto da CityLife. Si tratta di una iniziativa di grande rilevanza per la città; la grande stampa, forse perché sensibile agli interessi economici coinvolti, ne ha parlato spesso, e solo in termini laudativi. La ringraziamo per l’opportunità che il suo giornale ci offre di portare a conoscenza dell’opinione pubblica, per la prima volta, i motivi del nostro dissenso.

I residenti del quartiere sono a larga maggioranza contrari a questo progetto perché si vedranno costruire edifici di 25 piani di fronte alle loro case di 6-7 piani, oltre a tre altissimi grattacieli totalmente estranei all’anima del quartiere, con migliaia di auto che dovranno transitare nei parcheggi sotterranei senza che siano stati nemmeno affrontati i problemi del traffico.

Merita citare il parere del Nucleo di Consulenza del Comune (proff. Gorla, Mazza e Bertacco), laddove dice, tra l’altro, che il progetto presenta un  “…assetto planivolumetrico di particolare discontinuità con la tradizione urbana della città”…  “le altezza di alcuni edifici…sottolinea(no) l’eccessiva densità complessiva dell’intervento”…“…la continuità pedonale…è subordinata alla realizzazione della viabilità sotterranea che per il momento non è affatto decisa”…“per quanto riguarda il tema della viabilità e dei trasporti il progetto nel suo complesso soffre delle indecisioni dell’amministrazione Comunale sulla sistemazione definitiva dell’area”.

Noi siamo favorevoli alla trasformazione dell’area dell’ex Fiera a destinazioni residenziali e terziarie, chiediamo però che ciò avvenga nel rispetto delle dotazioni pubbliche necessarie e della cultura e qualità della vita della città. Con una volumetria ridotta alla metà si potrebbe progettare uno sviluppo armonico col quartiere ed un vero parco.

La Variante del 2003 all’Accordo di Programma del 1994 non persegue quell’obiettivo consentendo una volumetria doppia di quella di tutti i PRU previsti dal Documento di Inquadramento Urbanistico per le altre aree dismesse milanesi, senza alcun vincolo di densità, altezze, destinazioni.

Gli spazi pubblici sono solo la metà di quelli prescritti, anche se ora si cerca di “abbellire”  il progetto includendovi pezzi di città come il Vigorelli, piazza VI febbraio, piazzale Giulio Cesare; le nuove edificazioni con altezze più che doppie di quelle circostanti sono in gran parte accostate a ridosso agli isolati preesistenti; il verde è frazionato fra le nuove edificazioni rimanendone all’ombra per la maggior parte dei periodi dell’anno.

Quale interesse pubblico può giustificare tanta generosità “volumetrica” da parte del Comune? L’Accordo di Programma, cui attiene la Variante, era finalizzato alla costruzione del nuovo Polo di Rho-Pero. Per finanziare il nuovo polo sarebbe più che sufficiente per la Fondazione Fiera ricavare 200- 250 milioni dalla vendita del “vecchio recinto” (facilmente ottenibile con metà volumetria), contro i 530 milioni offerti da CityLife. In conclusione, chi guadagnerà da questo progetto, oltre agli azionisti di CityLife, sarà solo la Fondazione Fiera, un ente di diritto privato che si troverà un surplus di rendita di circa 300 milioni di euro, la cui destinazione è ignota, visto che l’attività fieristica è svolta da Fiera Milano SpA, quotata in borsa, cui la Fondazione affitta gli spazi fieristici. Il Comune non vedrà neanche un euro:  gli oneri di urbanizzazione saranno interamente assorbiti dal progetto, mentre i cittadini subiranno tutti i danni di questa urbanizzazione selvaggia.

Alcuni cittadini del quartiere hanno impugnato il progetto in un ricorso al TAR, adducendo che l’AdP è utilizzabile per variare il PRG solo se vi sono funzioni pubbliche di interesse regionale, che qui sono evidentemente assenti, e che il PII è soggetto al DM 1444/68 che impone una densità fondiaria massima di 7 mc/mq (contro i quasi 10 del PII CityLife) e altezze non superiori a quella degli edifici circostanti e preesistenti, se non si realizzano tutti gli spazi pubblici prescritti.

Si è pensato con le procedure dell’AdP e del PII di accelerare l’approvazione dell’intervento, evitando un confronto con le esigenze poste dagli abitanti del quartiere, con la cultura cittadina, col Consiglio comunale.

Si tratta di un errore che rischia di produrre il risultato contrario a quello cercato.

Se il TAR accogliesse il ricorso, sarebbe necessario ripartire da capo con una Variante ordinaria di PRG, con enorme dilungamento dei tempi di attuazione che nemmeno noi auspichiamo. I cittadini ricorrenti sarebbero disposti a ritirare il ricorso al TAR, a fronte di una ridiscussione delle quantità volumetriche e di una diversa impostazione progettuale del PII, che ricollochi le volumetrie a N.O., a ridosso dell’area confermata a destinazione fieristica, e il verde compattamente a S.E., a ridosso dei quartieri preesistenti,

Il Consiglio comunale programmato per metà settembre può dare una  indicazione della volontà di sottrarsi al ruolo di ratifica acritica delle decisioni sinora assunte in ambiti  molto ristretti (Sindaco, Giunta, Collegio di vigilanza) dove la voce dei cittadini è stata pertinacemente ignorata, perseguendo invece una strada di attenzione alle critiche e proposte qui avanzate.

 

 

                                                                        Rolando Mastrodonato

                                                                            a nome dell’Associazione

                                                        VIVI E PROGETTA UN’ALTRA MILANO