Corriere della Sera, 23/2/06

 

Gae Aulenti: urbanistica, Milano impari da Barcellona

«Giuste le critiche di Botta ai grandi progetti, ma la responsabilità è di chi governa la città» «Il Comune ha idee bizzarre sul verde pubblico: calcolano come parchi anche i viali alberati»

L' INTERVISTA Il territorio è stato consumato e frammentato, favorendo la moltiplicazione delle periferie

Terreni che si incrociano, si contaminano e conducono tutti alla stesso sentiero. Quello individuato dall' assessore alla Cultura, Stefano Zecchi. «A Milano è mancata una regia». Per la cultura, ma anche per l' architettura, come hanno sottolineato ieri Mario Botta e Stefano Boeri. Il primo accusando che i grandi interventi sulle aree dismesse di Milano sono isole autosufficienti slegate dal contesto storico, il secondo invitando a prendere atto del «crudele fallimento» dell' urbanistica e di tanti architetti che non hanno saputo cogliere segnali devastanti per il territorio, trasformando infinite città «in una città infinita» senza limiti e senza confini. Mancanza di regia appunto.

«È colpa di chi governa la città e ha sempre giocato a nascondino con le sue responsabilità», attacca l' architetto Gae Aulenti. Architetto Aulenti che ne pensa delle critiche di Botta ai progetti di Santa Giulia, Garibaldi-Repubblica e vecchia Fiera? «Sono completamente d' accordo con lui. Pensare a questi interventi come a delle isole è già una contraddizione enorme. Un' isola, concettualmente, è qualcosa circondata da qualcosa di diverso, il mare. Ma rispetto a Botta avrei fatto una premessa fondamentale».

Quale? «Si attribuisce agli architetti la responsabilità del disegno urbano. Non è vero. Il responsabile del disegno urbano è chi governa. Si tratta di decisioni a monte rispetto al lavoro degli architetti. E il governo deve essere capace di governare il territorio della città. Barcellona insegna». Milano? «A Milano è mancato questo tipo di governo. Ha ragione Boeri quando parla della fascia verde che potrebbe fare da anello alla città. Invece questa responsabilità non è mai stata presa e la città si è frammentata». Che comporta la frammentazione? «Il peccato è quello di aver consumato il territorio invece di aggregarlo. I grandi parchi di chiusura dell' abitato servono a creare dei limiti, delle regole e di evitare il fenomeno della periferia. Che è una nozione del XX secolo e coincide con la distruzione del territorio. Quando si parla di continuità dei tessuti intendo proprio questo. Il tessuto continua e finisce nei parchi. Quella dovrebbe essere la periferia, una periferia di qualità».

Tutta colpa di chi amministra? Non è un bella scusante? «Non mi piace parlare di amministrazione ma di governo della città perché questo implica scelte e assunzione di responsabilità». Non è che lei ce l' ha con la giunta perché di centrodestra? «Ce l' ho con questa giunta. Perché non è propositiva. Ha giocato sempre a nascondersi preferendo una comunicazione bizzarra alle cose concrete». Comunicazione bizzarra? «Basta sfogliare quell' opuscolo sui parchi distribuito all' Urban center. Dove tutto viene definito parco, sia che si tratti dei metri quadrati riservati alla depurazione o di un pezzo di verde lungo e stretto. Quello si chiama viale».

Lei ha lavorato alla riqualificazione di piazza Cadorna. Un intervento molto criticato, ma a stretto contatto con il Comune. Anche in quel caso è mancata la regia? «Non si può paragonare piazza Cadorna con i grandi interventi sulle aree dismesse. Quello era un brano di città a cui è stata ridata continuità». Maurizio Giannattasio